La storia di ARCO SINFÓNICA

Sorta a metà del 2017, la sua avventura iniziò sotto il nome di “Latin-Jazz Sinfónica!”, progetto della Neue Philharmonie Berlin gGmbH, ideato da Julia H. M. Diederich e realizzato insieme al direttore d’orchestra Andreas Schulz e all’arrangiatore Christoph König. La prima tournée, avvenuta nella primavera del 2018, era ancora tutta nel segno del Latin Jazz e il programma comprendeva brani orchestrati di Paquito D’Rivera, Pat Metheny, Dave Grusin, Matthias Anton e Heiko Gottberg, arrangiati da König per l’orchestra allora composta da 66 musicisti. Il direttore Andreas Schulz fece prendere parte al progetto i suoi giovani orchestrali, alcuni ancora studenti, mentre Diederich coinvolse alcuni dei suoi collaboratori storici del jazz: Matthias Füchsle (batteria), Nico de Haen (pianoforte), German Klaiber (basso), Maxim Zettel (percussioni), Heiko Gottberg (chitarra), i due trombettisti Christian Ehringer e Thomas Hilbert e i tre sassofonisti Matthias Anton, Tom Timmler e Holger Rohn. Il terzo trombettista e i trombonisti provenivano dalla Philharmonie, così come il percussionista classico-brasiliano Eduardo Mota.
 
La tournée fu, in un certo senso, un banco di prova: l’intento di Diederich era quello di capire se la sua idea di suonare Jazz afrocubano con l’orchestra fosse davvero ciò che desiderava ancora o se stesse semplicemente inseguendo un vecchio sogno rimasto incompiuto del 2007. All’epoca, la sua “Afro Cuban City Big Band”, fondata nel 2002, avrebbe dovuto essere ampliata da un’orchestra sinfonica completa, ma ciò non avvenne poiché, a seguito di un esame invasivo alla colonna cervicale nel gennaio 2007, dovette riconquistare molte delle sue capacità essenziali. Fu così che la Big Band si sciolse. Un altro motivo della tournée era verificare se la formazione era adatta, nel caso volesse continuare con un progetto di orchestra afrocubana.
 
Da quella piccola prima tournée nacquero intuizioni decisive. Una delle decisioni adottate fu separare la Latin-Jazz Sinfónica dalla Neue Philharmonie a livello societario e renderla autonoma. Nell’ottobre 2018 LJS fu così iscritta come GmbH (società a responsabilità limitata) nel registro di commercio, con Diederich quale unica amministratrice delegata. Inizialmente la formazione restò inalterata, poiché poco dopo si presentò per la Latin-Jazz Sinfónica una collaborazione breve ma molto intensa con il pianista cubano Ramon Valle e il suo trio (Jamie Peet alla batteria e Omar Rodriguez Calvo al basso), che portarono entrambe le formazioni sul palco della Wackerhalle per un concerto speciale in occasione del 50° anniversario della International Jazzwoche di Burghausen (BY).
 
Il concerto, sold out fino all’ultimo posto, fu trasmesso in diretta alla BR (l’emittente televisiva regionale pubblica della Baviera) e ad aprirlo fu il chitarrista Al di Meola. La serata celebrativa si concluse ben oltre la mezzanotte con una standing ovation per la Latin-Jazz Sinfónica feat. Ramon Valle Trio. Il programma di quella notte comprendeva composizioni originali del pianista Valle, di Ch. König, M. Anton, H. Gottberg e Diederich. In particolare, il brano di Ch. König “Little Waltz in Five” lasciò un’impressione profonda e indelebile sulla direttrice d’orchestra, ricordandole un sound che aveva spesso percepito interiormente durante gli studi: jazz con archi sinfonici, arricchito da elementi della world music, capaci di creare momenti di atmosfera quasi cinematografica ed epica.
 
I due brani minori originali di Diederich, invece, nel 2019 si distaccarono già dallo stile Latin-Jazz, evidenziando che l’idea di un’orchestra di jazz afrocubano era ormai un residuo del passato. Diederich esplorò la musica in modo ancora più approfondito, con un obiettivo chiaro: creare un suono orchestrale rinnovato e personale, basato su composizioni originali, in cui i musicisti d’orchestra non fossero solo elementi di decorazione per i jazzisti, bensì parte integrante e del tutto imprescindibile. Era altrettanto chiaro che non avrebbe rielaborato celebri brani della musica classica, del repertorio latino o del jazz per adattarli in chiave orchestrale.

Dal Latin jazz al jazz sinfonico

Il concerto di Burghausen portò successo, ma anche la consapevolezza che l’organico andava necessariamente adattato, perché la fondatrice progettava di registrare un album nell’estate 2020. In particolare, il mix tra gli ottoni — in parte provenienti dalla classica, in parte dal jazz — non funzionava. In vista della registrazione del primo album intitolato “Kaleidoskop”, Diederich riorganizzò l’orchestra, separò gli ottoni dall’ensemble, formò una sezione fiati da big band e arruolò Uli Röser (tb), Marc Roos (tb), Fabian Beck (trombone basso) e Jens Müller come terza tromba. L’insieme suonava ora più coerente, più chiaro e decisamente più compatto. Il numero dei musicisti fu ridotto a 57. Le sue composizioni rivelavano sempre più la sua cifra stilistica nei brani “The secret Story” e “Carissimo”. In “The secret Story” prese alcuni strumenti e ritmi cubani, ma li adattò agli archi e ai fiati orchestrali, li combinò con una chitarra synth del mondo jazz e lasciò al centro spazio per un assolo di viola eseguito sotto direzione. Poco prima della fine del brano inserì un’atmosfera dal sapore cinematografico. “Carissimo” si presentava come pienamente classico e offriva un grande concerto per pianoforte, classico e al contempo moderno, scritto in stretta collaborazione con il compositore Christian D. Dellacher.

Il Coronavirus e il lungo percorso fino alla prima produzione in studio: “Kaleidoskop”

Fu la pandemia da Coronavirus, a partire da marzo 2020, a bloccare tutto e a mandare all’aria tutti i piani, poiché questo virus non aveva solo causato gravi danni alla salute di moltissime persone, ma aveva colpito duramente anche l’economia. Un settore in particolare fu messo a dura prova: la cultura, che già da tempo aveva perso il ritmo e ansimava nel silenzio. Con l’arrivo del virus, però, crollò del tutto. Diederich commentò così: “Quando tante piccole imprese cominciano a prendere “colpi di tosse”, alla fine è tutta l’economia che si prende l’influenza e indebolisce il proprio sistema immunitario”. Il riferimento di questa metafora era ai numerosi artisti, organizzatori, tecnici del suono, studi di registrazione, scuole di musica e così via, tutti settori interdipendenti che, senza riserve economiche, furono travolti dalla pandemia e faticarono enormemente a restare in piedi. Se e quando si sarebbero mai ripresi, allora, era ancora tutto un mistero. Gli aiuti statali contro il Covid portarono un po’ di sollievo e impedirono fallimenti imminenti, ma solo in parte. Tuttavia, tali aiuti arrivarono in ritardo, quando ormai innumerevoli piccoli imprenditori, tra cui molti musicisti, erano già in gravi difficoltà, costretti a rivolgersi agli uffici sociali per chiedere aiuto. All’inizio, alcuni enti consigliarono persino ai musicisti di vendere il proprio strumento per ottenere liquidità, un suggerimento che rese la situazione ancora più dolorosa.

A causa del divieto di concerti e lezioni, molti musicisti persero in quel periodo la propria fonte di sostentamento; alcuni non superarono la malattia, mentre altri persero completamente il proprio equilibrio o abbandonarono per sempre il loro strumento. Chi voleva continuare a suonare si ritrovò completamente fuori allenamento, poiché non era possibile né provare né esibirsi. Le restrizioni per qualsiasi “assembramento” (anche solo per una prova) erano talmente rigide che risultava impossibile organizzare una sessione di fiati, per non parlare di una prova d’orchestra completa. E guai se qualcuno si fosse presentato senza test, o peggio, fosse risultato positivo ed entrato in quarantena. A complicare le cose, nell’estate del 2020 Berlino era considerata un “hotspot” di contagio, e gli hotel della Germania meridionale, dove era prevista la produzione in studio a Ludwigsburg, rifiutarono il check-in ai cinquanta musicisti dell’orchestra. La produzione dovette quindi essere rinviata all’ultimo momento al 2021.

Si sperava che, nel frattempo, i concerti potessero riprendere e i musicisti tornare al loro pieno livello di forma.

Ma nonostante la speranza, nell’estate 2021 la situazione non era affatto migliorata: le restrizioni erano ancora severe, e gli eventi collettivi fortemente limitati, tanto che la produzione fu posticipata di un altro anno.

Solo nella primavera del 2022 si intravide un miglioramento. Dalla fine del 2021, infatti, ai musicisti era stato concesso di esibirsi di nuovo, seppur con alcune restrizioni, e poter tornare sul palco li aiutò a riacquistare parte del loro livello artistico. Tuttavia, per la produzione in studio restavano in vigore, e a ragione, rigide misure di sicurezza: bastava che anche un solo musicista risultasse positivo al test e si presentasse in studio per far sì che tutto lo staff tecnico e l’orchestra si ritrovassero bloccati il giorno dopo, con il rischio di una lunga chiusura dello studio. Naturalmente, quelle rigide restrizioni obbligavano la Diederich a prevedere per ogni musicista un sostituto pronto a subentrare in caso di improvvisa assenza. La data fissata per l’inizio della produzione in studio era ora il 22 luglio 2022.

Le conseguenze della guerra d’aggressione russa contro l’Ucraina sull’orchestra

Appena fissato il nuovo calendario, dopo due rinvii, nuove scalette di registrazione, terze prenotazioni di hotel, catering e voli, arrivò il colpo di scena: l’orchestra della Neue Philharmonie Berlin perse, poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina, non solo alcuni dei suoi musicisti che decisero di sostenere il proprio Paese o di raggiungere le famiglie, ma anche la propria sala prove a Berlino. Il locale, preso in affitto dal direttore Andreas Schulz, apparteneva a un’istituzione russa che, venuta a sapere della presenza di alcuni musicisti ucraini, mise immediatamente l’intera orchestra alla porta. Questo obbligò Diederich a cercare rapidamente un’altra orchestra, perché non voleva assolutamente affrontare una produzione in studio senza prove. Nessuno, inoltre, sapeva quando e dove la Philharmonie avrebbe potuto trovare un nuovo spazio. Le prove erano fondamentali, soprattutto per abituare gli orchestrali all’uso di cuffie e click, mezzi con cui quei giovani musicisti classici, pur di grande talento, non avevano familiarità. Lo stesso Schulz iniziava a dubitare che potesse mandarli in studio senza un’esperienza diretta di registrazione.

Diederich si rivolse dapprima alla Filmorchester Babelsberg, ma per il periodo previsto erano già impegnati. Il tempo scorreva: mancavano solo dodici giorni all’inizio delle registrazioni. Per Diederich und König rinviare ancora non era un’opzione: i jazzisti avevano già quella data segnata in agenda e i contratti erano stati firmati. La complessa ricerca di musicisti d’orchestra, che non solo avessero esperienza con click, registrazioni in studio e cuffie, ma che riuscissero anche a passare con naturalezza da un approccio classico a uno jazzistico, suonando perfettamente a click, era paragonabile alla celebre ricerca dell’ago nel pagliaio. Ma la Diederich non si arrese: continuò a cercare giorno e notte, fino a trovarli.

Né orchestra, né batterista, né pianista…

Come se non bastasse, poco dopo la prova generale del gruppo ritmico dovettero essere sostituiti anche il batterista e il pianista, proprio nel pieno delle vacanze estive e a ridosso della produzione. Era quello un periodo in cui occorreva mantenere i nervi saldi: Diederich assisteva impotente allo svanire della produzione: anche trovando nuovi orchestrali, un batterista e un pianista, una prova completa era ormai impossibile, perché ciascuno avrebbe dovuto prima esercitarsi individualmente sui brani. La difficoltà non stava solo nel trovare musicisti disponibili, ma anche quelli giusti, capaci di suonare quel repertorio, di integrarsi umanamente con il gruppo e, naturalmente, non in quarantena. Ma Diederich continuava a credere nella fortuna, o forse nel destino, e passava ore al telefono, contattando orchestre senza sosta.

La salvezza dell’ultimo minuto: GermanPops Orchestra, Kristjan Randalu e Wim de Vries

A pochi giorni dalle registrazioni, dopo innumerevoli telefonate, arrivò la svolta in extremis: il pianista estone Kristjan Randalu accettò per primo, seguito subito dopo dal batterista olandese Wim de Vries. Entrambi musicisti di straordinaria esperienza e carisma, pluripremiati per il loro stile, rappresentarono il primo colpo di fortuna per la Latin-Jazz Sinfónica. Il secondo fu l’ingresso in scena della GermanPops Orchestra, fondata nel 1999 da Bernd Ruf, con una lunga storia di successi, che accettò di partecipare alla produzione proprio all’ultimo momento.
 
In precedenza c’era stata una telefonata al direttore dei Bauer Studios, Michael Thumm, durante la quale Diederich, disperata, aveva raccontato che avrebbe dovuto cancellare la produzione se non fosse accaduto un miracolo, poiché le mancava ancora la parte sinfonica di LJS. Dieci minuti dopo, Thumm la richiamò suggerendole di contattare Uli Zimmer, direttore della GermanPops Orchestra, “è esattamente ciò di cui hai bisogno”, le disse. Bastò uno sguardo al loro sito per capire il perché: avevano suonato con Paul McCartney, Jon Lord (Deep Purple), Paul Carrack (Mike & the Mechanics), Chris de Burgh, Roger Hodgson (Supertramp), Chris Thompson (Manfred Mann’s Earth Band), Roger Chapman, Geoff Whitehorn (Procol Harum), Heinz Rudolf Kunze, Pur, John Miles, Fools Garden, Laith Al Deen, Paquito D’Rivera, Silje Nergaard, Dieter Falk, Sodagreen e molti altri. Le loro produzioni discografiche vantavano una nomination ai Grammy, un disco di platino e diversi dischi d’oro. Fu davvero una salvezza allo scadere del tempo.
 
Randalu e de Vries portarono con sé una notevole esperienza in studio, ma anche una profonda conoscenza del jazz, della world music e del lavoro orchestrale, elementi fondamentali per i brani originali di Christoph König, Matthias Anton, Heiko Gottberg e Julia Diederich. L’attenzione verso gli orchestrali, la capacità di ascoltare e di rispondere istantaneamente alle variazioni dinamiche, erano fattori essenziali per ottenere un risultato di alto livello. I nuovi musicisti d’orchestra mostrarono le stesse qualità, ma anche qualcosa in più: Prestavano attenzione ai jazzisti, suonavano con compattezza sorprendente, precisi al millimetro sul ritmo, e cosa davvero eccezionale: avevano il groove nel sangue, un risultato tutt’altro che scontato per un ensemble di impostazione classica. Il consiglio di Michael Thumm si rivelò oro puro.
 
Nonostante ciò, la tensione all’inizio della settimana di registrazione, dal 22 luglio 2022, era altissima. In studio potevano entrare solo i musicisti risultati negativi al Covid test e, poiché non c’era stata alcuna prova preparatoria, né König né Diederich sapevano quale sarebbe stata la resa dei brani con la nuova formazione. Fu organizzata al volo una mezza giornata di prova nei Bauer Studios, e il risultato fu talmente straordinario che i tecnici del suono decisero di registrarla in gran segreto.
 
Dopo dieci giorni, le registrazioni di “Kaleidoskop” erano completate, un traguardo che testimoniava la straordinaria professionalità di tutti i musicisti: ogni nota, ogni articolazione, ogni dinamica era perfettamente centrata. Ma in quella settimana accadde molto di più: In pochissimo tempo tutti i musicisti si erano trasformati in una vera e propria famiglia, e già dal primo giorno dopo la produzione sembravano sentirsi la mancanza a vicenda: il gruppo chat della Latin Jazz Sinfonica era praticamente tempestato di messaggi. Il disco, interamente composto da brani originali, fu diretto da Andreas Schulz, che suonò anche il pianoforte nel brano “Carissimo”, rendendo necessaria la collaborazione di un secondo direttore: Il desiderio di poter coinvolgere il fondatore e direttore della GermanPops Orchestra, Bernd Ruf, purtroppo non si realizzò, ma diede consiglio: contrattare Klaus Wilhelm. Il noto direttore di musical, che si stava ormai lentamente ritirando dalle scene, non volle però rifiutare la richiesta di Diederich di dirigere ancora il brano “Carissimo”. Vivere quest’opera con quell’orchestra e quel pianista fu un’esperienza profondamente toccante. Le registrazioni furono curate dai fonici Adrian von Ripka e Daniel Keinath, e l’album uscì per l’etichetta “NEUKLANG” dei Bauer Studios.
 
La nuova formazione comprendeva Matthias Anton, Holger Rohn e Andreas Pomp (sax tenore), Ulrich Röser, Marc Roos e Fabian Beck (trombone), Christian Ehringer, Jens Müller e Ralf Hesse (tromba), la GermanPops Orchestra (30 elementi), Kristjan Randalu (pianoforte), Wim de Vries (batteria), German Klaiber (basso elettrico e contrabbasso), Heiko Gottberg (chitarra) e infine Maxim Zettel ed Eduardo Mota (percussioni). Particolarmente sorprendente fu il rapporto con Uli Zimmer, primo violino dell’orchestra, con cui il dialogo tra direzione, orchestra, compositori e arrangiatore risultò sempre chiaro, diretto, efficace e soprattutto caloroso. Uli Zimmer non è però “solo” primo violino e direttore musicale, ma anche manager organizzativo dell’orchestra. Una doppia funzione che altrove è solitamente separata.

Le grandi speranze e le nuove paure:
il Post-Covid, le preoccupazioni per la società a responsabilità limitata e le tournée annullate.

Il progetto di avviare, tra la fine dell’estate e l’autunno 2023, una piccola tournée promozionale per presentare Kaleidoskop, fu purtroppo interrotto da un nuovo ostacolo:
nel marzo 2023 Julia Diederich contrasse il Covid, che oltre ai sintomi classici ne provocò altri, al momento ancora sconosciuti e quindi non curabili. Ogni minimo sforzo provocava poi un crollo, che si traduceva in ore trascorse distesa al buio in una stanza insonorizzata. Sedersi, stare in piedi o camminare faceva precipitare la pressione, provocando svenimenti; anche brevi conversazioni o l’ascolto leggero di musica scatenavano forti vertigini. La concentrazione ne risentiva a tal punto che pochi minuti davanti al computer erano sufficienti per scatenare ulteriori attacchi di vertigini. La preoccupazione di dover sciogliere l’orchestra e chiudere la società a responsabilità limitata cresceva sempre di più. La tournée fu quindi rinviata al 2024, nella speranza che lei potesse ristabilirsi nel frattempo.

Una suite di world music in 3D: Movie Sinfónica

Lo stato di salute di Diederich peggiorava ulteriormente, e invece della tournée, pianificò per novembre 2023 la registrazione di un secondo album. Temeva infatti di dover rinunciare all’orchestra a causa dei suoi problemi di salute prima ancora di poter registrare i nuovi brani. A collaborare sarebbero stati principalmente gli stessi musicisti che avevano partecipato a Kaleidoskop, con una sola eccezione: al posto del percussionista Eduardo Mota entrò la vibrafonista Salome Amend. König arrangiò inoltre i brani “Jerusalem” di M. Anton e “A Thing of Me” di H. Gottberg, e compose “Getting Better” e “Nachtschicht”. I nuovi pezzi includevano elementi della letteratura orchestrale tardo-romantica, jazz, ritmi orientali e cubani, musica elettronica da club e sonorità moderne da colonna sonora cinematografica. Era chiaro quanto questo album fosse importante per lei.
 
Movie Sinfónica è stata registrata, come previsto, alla fine di novembre 2023, sotto la direzione di Bernd Ruf. Ruf è considerato un pioniere nel classical crossover. Già nel 2001 ricevette una nomination al Grammy come direttore per una produzione orchestrale con il jazzista cubano Paquito D’Rivera, e da oltre tre decenni persegue il suo credo musicale di unire generi e culture differenti. La sua grande esperienza, sia nel jazz sia nella musica classica, si è percepita sin da subito. Non si sarebbe potuta immaginare una migliore intesa tra direttore e composizioni. I brani, scritti su misura per i musicisti, avevano la brillantezza, la densità, la profondità e l’ampiezza che Diederich e König desideravano. Tuttavia, Diederich posticipò l’uscita, originariamente prevista per agosto 2024, di un anno, fissandola alla fine di agosto 2025. a causa di un completo esaurimento dei suoi mitocondri, che le fu diagnosticato per la prima volta alla fine del 2023, con la chiara indicazione di interrompere immediatamente ogni attività. Nella primavera 2024 si aggiunsero infiammazioni del midollo osseo e una malattia autoimmune, che la costrinsero alla cancellazione totale della tournée, poiché le impedivano qualsiasi movimento degli arti superiori e inferiori. Con l’aumento dei valori infiammatori cresceva anche la preoccupazione di riuscire a completare e pubblicare l’album.
 
Ancora una volta, nulla sembrava lasciato al caso: Diederich percepiva che sul disco mancassero due brani, Quali fossero non lo sapeva, sentiva soltanto che quei due pezzi stavano aspettando il momento giusto per poter emergere in superficie. A fine 2024 quel momento arrivò, e nacquero “Aria” e “Dolce Vita”. “Aria” fu scritta in stretta collaborazione con il suo stimato collega Christoph König, poiché ormai Diederich non tollerava alcun rumore. Anziché scrivere la parte pianistica di “Aria” al pianoforte, scrisse le note direttamente di testa nel programma di notazione. A gennaio 2025 tutti tornarono ai Bauer Studios per registrare i due brani. Diederich li seguiva da casa, tramite lo schermo del computer, perché un medico specializzato in Post-Covid le aveva diagnosticato questa condizione. Per scrivere il testo di “Aria” le bastavano le note e ciò che sentiva dentro, senza dover ascoltare troppo.
 
Inoltre, per le parti vocali il direttore Bernd Ruf riuscì a coinvolgere anche i membri del Coro dell’Opera di Stato di Stoccarda e dell’Ensemble vocale della SWR di Stoccarda. Anche questa registrazione fu seguita da Dietrich da remoto con il suo computer. Sia Diederich che König, i suoi colleghi di lunga data del Jazz Group e dell’orchestra, temevano per il futuro dell’ensemble, ma non persero la speranza che tutto potesse ancora volgere al meglio. La direzione dei cori e il mixaggio furono affidati al fonico Martin Dressler dei Bauer Studios, con la direzione di Bernd Ruf. Successivamente, tutti i brani del novembre 2023 e anche quelli nuovi furono nuovamente mixati da Martin Dressler e, a partire da maggio 2025, insieme a Diederich, poiché lei aveva in mente un suono molto preciso e, fortunatamente, nel frattempo si era ristabilita un po’. “Se porti il nome Movie Sinfónica, allora deve riflettere davvero l’esperienza musicale di Movie Sinfónica.” Ciò che desiderava era dunque chiaro: un’esperienza musicale cinematografica, In cui dopo poche battute, nei pensieri degli ascoltatori avrebbero dovuto prendere vita immagini da film. Inoltre, voleva che MOVIE SINFÓNICA fosse realizzato in Dolby Atmos, il che richiese ulteriori mixaggi. La pubblicazione prevista per agosto 2025 non poté essere rispettata, poiché l’album fu mixato tre volte, fissando una nuova data: il 05 dicembre 2025.

Da Latin-Jazz Sinfónica ad Arco Sinfónica

I brani ora tracciavano un ampio arco musicale: dal jazz alla world music, dalla musica classica moderna ai suoni cinematografici, uniti dalla cifra stilistica di Christoph König e Julia Diederich. “Finalmente ci siamo riusciti”, disse a König. “Ora l’orchestra ARCO SINFÓNICA rappresenta una musica che appare familiare sia agli appassionati di jazz sia agli amanti della classica, che ispira e definisce un nuovo suono orchestrale.”

Prima di andare in stampa, però, occorreva cambiare il nome dell’orchestra e creare un nuovo logo: Latin-Jazz Sinfónica non rappresentava più il loro tipo di musica. Arco – Bogen – Sinfonie – Sinfónica – Arco Sinfónica. Perfetto. Nome e contenuto ora erano allineati.

Diederich aveva riflettuto a lungo sul nome adatto, poiché ciò avrebbe comportato il cambiamento di una società a responsabilità limitata, il che non è mai un’operazione rapida. Riuscì anche a completare in tempo il layout per CD e LP, grazie a un medico specializzato in Post-Covid che la seguiva dal gennaio 2025, fornendole farmaci che nei mesi successivi portarono un progressivo miglioramento. Soprattutto, il suo medico di base, a maggio 2025, trovò finalmente un rimedio efficace per contrastare le vertigini, la debolezza da sforzo minimo e il sistema nervoso ipersensibile. Non passarono nemmeno due settimane prima che le condizioni di Diederich migliorassero a tal punto da poter restare più a lungo alla scrivania e ascoltare di nuovo musica in tono sommesso. Insieme al grafico Jonathan Kleczkowski completò la realizzazione del booklet. I testi erano stati scritti già nel periodo in cui componeva i brani.

Ad agosto 2025, la “suite di world music in 3D”, come Diederich definiva il risultato, era pronta per partire verso la stampa, e anche la data di pubblicazione non dovette più essere posticipata. Tutti tirarono un sospiro di sollievo.

“Se si guarda alla storia di Arco Sinfónica, si capisce che non esistono coincidenze: tutto segue una sorta di copione personale. Le cose accadono come devono accadere, perché così si aprono sempre nuove porte e si fanno spazio nuove esperienze.”

Julia H. M. Diederich

“La musica di Arco Sinfónica è allo stesso tempo veicolo di esperienze e produttrice di nuovi film interiori.”